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Marco Valerio Marziale: Vita&Opere
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MessaggioInviato: Mer Ott 11, 2006 10:07 am    Oggetto:  Marco Valerio Marziale: Vita&Opere
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Marco Valerio Marziale: Vita

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«Lasciva è la mia pagina, ma onesta la vita.» (Epigrammi, I, 4, 8)

Marco Valerio Marziale (Bilbili, 1° marzo 40 circa - Bilbili 103-104) fu un poeta latino, il più importante rappresentante dell' epigramma latino.

Indice [in questa pagina]:

1 Biografia
1.1 Il periodo spagnolo
1.2 A Roma
1.3 Carriera letteraria
1.4 Gli ultimi anni
2 Le Opere
2.1 Liber de spectaculis
2.2 Xenia e Apophoreta
2.3 Temi
2.4 Genere, Poetica, Linguaggio
3 Bibliografia

**************

Biografia

1°-Il periodo spagnolo-

Le notizie biografiche su Marziale le dobbiamo principalmente ai numerosi cenni autobiografici contenuti nella sua opera. Sappiamo che nacque a Bilbilis, una cittadina della Spagna Tarragonese, allora assoggettata all'Impero Romano, fra il 38 e il 41 d.C. e che e ebbe la sua prima educazione a Tarragona, sotto la guida di grammatici e retorici. Nel 64 si recò a Roma, sperando di farvi fortuna come era accaduto ad altri letterati della regione quali Seneca, Lucano, Quintiliano.

2°-A Roma-

Nella capitale imperiale si indirizzò, secondo gli auspici dei genitori, alla professione di avvocato verso la quale provava un'insanabile avversione dedicandosi contemporaneamente alla poesia.

3°-Carriera letteraria-

Verso l'80, in occasione dell'inaugurazione dell'Anfiteatro Flavio, Marziale pubblicò il un primo libro di epigrammi detto "Liber de spectaculis" (sugli spettacoli del Colosseo) che gli procurò delle lodi. Grazie a questo primo successo ebbe dall'imperatore Tito lo ius trium liberorum, un sussidio per chi avesse tre figli, nonostante - sembra - il poeta non fosse nemmeno sposato. Il successore di Tito, Domiziano, confermò i privilegi concessi dal fratello.

Verso l'anno 84 o 85 comparvero altri due libri di epigrammi: "Xenia" (doni per gli ospiti) e "Apophoreta" (doni da portar via), composti esclusivamente di monodistici.

I primi di due libri di epigrammi delusero le aspettative del poeta che si ritirò per alcuni mesi a Forum Cornelii (Imola), ospite di un potente amico. Lì pubblicò il suo terzo libro ma poi lo riprese la nostalgia di Roma, ambiente variopinto e multiforme, fonte di ispirazione della sua poesia.

Dopo l'assassinio di Domiziano nel 96, sotto i principati di Nerva e poi di Traiano, si instaurò a Roma un clima morale austero. Marziale tentò di ingraziarsi i nuovi governanti, ma i suoi epigrammi mal si conciliavano con il nuovo orientamento del potere. Nel 98, infine, compì il viaggio di ritorno alla città natia. Tra il 90 e il 102 pubblicò complessivamente altri otto libri di epigrammi.

4°-Gli ultimi anni-

A Bilbili una ricca vedova di nome Marcella, presa d'ammirazione per la fama e la poesia del poeta, gli addolcì gli ultimi anni della vita, mettendolo nella situazione di poter vivere agiatamente col dono di una casa e di un podere. Marziale morì a circa 64 anni a Bilbili, come attesta da una lettera dell'anno 104, inviata da Plinio il Giovane a Cornelio Prisco, nella quale il mittente dà un giudizio sul poeta spagnolo, che gli aveva indirizzato alcuni epigrammi di elogio per la sua attività di avvocato.

Le Opere

Di Marziale ci sono pervenuti quindici libri di epigrammi, per un totale di 1561 componimenti, pubblicati tutti dallo stesso poeta. Quelli monotematici non hanno un numero progressivo ma sono noti con un nome: nel caso di Xenia e Apophoreta anche il nome è autoriale. Sembra anche che i dodici libri di epigrammi vari siano stati così numerati dal poeta medesimo.

1°-Liber de spectaculis-

Chiamato anche "Liber spectaculorum", l'edizione del filologo Gruterus del 1602, fu pubblicato nell'80 e rappresenta la prima raccolta di epigrammi di cui abbiamo notizie (nessun epigramma giunto fino a noi sembra essere precedente a questa data). La raccolta contiene 33 o 36 epigrammi in distici elegiaci che descrivono i vari spettacoli offerti al pubblico in occasione dell'inaugurazione del Colosseo.

2°-Xenia e Apophoreta-

Nell'edizione che suddivide i lavori di Marziale in quindici libri, queste due raccolte costituiscono rispettivamente il XIII e XIV libro, secondo l'ordine in cui sono riportati nei manoscritti, benché criteri interni rendano quasi certa la loro seriorità rispetto al I libro. Sono composti esclusivamente di epigrammi in distici elegiaci. I titoli (o lemmata) che menzionano l'oggetto descritto di volta in volta furono dati dall'autore stesso.

I "doni per gli ospiti" (xenia) sono una raccolta di 127 (124 e 3 introduttivi) epigrammi che accompagnavano, appunto, i doni che ci si scambiava durante i Saturnali.

I "doni da portar via" (apophoreta), invece, sono quelli (221 più due introduttivi) che accompagnavano i doni destinati ai commensali alla fine di un convito. Bisogna sapere che tali doni venivano sorteggiati tra gli invitati: da questo fatto potevano derivare talvolta situazioni curiose o comiche (ad esempio: un pettine assegnato a un calvo) su cui il poeta poteva sbizzarrirsi divertendo.

Temi

Ovunque, nella sua opera, l'autore è presente in prima persona ed è sempre possibile scorgere la sua personalità. Ciò che risalta spesso è la sua insofferenza verso la vita da cliente, che vive come una vera e propria mortificazione, che contrasta fortemente con le aspirazioni e i sogni della sua vita.

(LA)

« Non hic Centauros, non Gorgonas Harpiyasque / invenies: hominem nostra pagina sapit »

(IT)

« Qui non troverai né Centauri, né Gorgoni, né Arpie: la nostra pagina sa di uomo »

(Epigrammi, X, 4)

Ciò che prevale, comunque, è l'aspetto comico-satirico, spesso reso dal fulmen in clausula, o in cauda venenum (in italiano stoccata finale), ovvero la tendenza a concentrare gli elementi comici e pungenti nella chiusa dei componimenti, terminati con una battuta inaspettata. Tale tecnica è lo strumento privilegiato della sua poesia: il senso stesso e lo spirito di moltissimi componimenti sono da ricercare nel finale dell'epigramma, «che a volte riassume i termini di una situazione in una formulazione estremamente incisiva e pregnante, altre volte li porta ad una comica iperbole, altre volte li costringe a un esito assurdo o a un paradosso, altre volte li pone all'improvviso sotto una luce diversa e rivelatrice» (Mario Citroni). Marziale dimostra di riuscire sempre a cogliere la comicità che si annida nelle situazioni reali, specie nei vizi e nei difetti umani. È così che si delineano nei suoi versi molti "tipi umani": dal pervertito al finto ricco, dalla lussuriosa all'ubriacona e così via...

Non mancano però esempi di elevata delicatezza e lirismo: è il caso della poesia funebre (non molto frequente) che ci permette di scoprire un Marziale insolitamente delicato e raffinato (è il caso dell'epigramma dedicato a Erotion, una bimba morta a sei anni, per la quale il poeta chiede alla terra di non gravare sul suo piccolo corpo, giacché lei non l'ha fatto su di essa). Di grande originalità si rivelano i componimenti caratterizzati dalla commistione di elementi di comicità a motivi funebri.

Genere, Poetica, Linguaggio

Con Marziale si ha l'affermazione dell'epigramma come strumento letterario: prima di lui l'epigramma, risalente all'età greca arcaica, aveva una funzione essenzialmente commemorativa e veniva usato per ricordare positivamente una cosa o una persona (ed infatti la parola "epigramma" deriva dal greco e significa "iscrizione"); grazie alla sua opera invece esso, pur conservando la sua brevità, si occupa di nuovi temi quali la parodia, la satira, la politica e l'erotismo.

Dal punto di vista stilistico egli contrappone la mobilità dell'epigramma sia al genere epico, sia alla tragedia greca, che con i loro temi illustri e "pesanti" si tenevano lontana dalla realtà quotidiana. Costante è infatti nei suoi versi la polemica letteraria, spesso usata per difendersi da chi considerava il genere epigrammatico di scarso valore artistico, ma anche da coloro che gli rimproveravano di essere aggressivo o osceno.

La lingua da lui usata risulta colloquiale e quotidiana. Il suo costante realismo gli permette però di sviluppare un linguaggio ricco facendo passare nella letteratura molti termini e locuzioni che non avevano mai trovato posto prima. Riesce, infine, a dimostrare grande duttilità nell'alternare frasi eleganti e ricercate a frasi sconce e spesso vernacolari.

Bibliografia

Litterarum voces - Giuseppe Casillo, Raffaele Urraro

*******************

( Biografia tratta da Wikipedia, l'enciclopedia libera:
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Ultima modifica di Monia Di Biagio il Ven Set 14, 2007 2:37 pm, modificato 1 volta in totale
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MessaggioInviato: Mer Ott 11, 2006 10:07 am    Oggetto: Adv






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MessaggioInviato: Mer Ott 11, 2006 10:31 am    Oggetto:  Marco Valerio Marziale: Opere
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Marcus Valerius Martialis (40 - 103), romanus poeta: Opera.

Index [in questa pagina]:

-Epigrammaton libri XII (~85 - 102/03)
-Xenia (Epigrammaton liber XIII) (~85)
-Apophoreta (Epigrammaton liber XIV) (~85)
-Liber spectaculorum (Epigrammaton liber) (~80/81)
Receptum

**************

Marco Valerio Marziale - Epigrammi - Libro Primo

Giunto a Roma nel 64 ca, in cerca di fortuna, vi rimase per più di trent'anni, nella precaria e umiliante condizione del cliente, cercando benefici con la poesia e persino con il servilismo letterario. Ottenne soltanto un piccolo podere a Mentana, una casa senz'acqua a Roma, agevolazioni fiscali e nomine onorifiche. Ebbe la protezione dei Flavi, e in particolare di Domiziano, verso il quale tenne un atteggiamento da cortigiano; alla morte di quello, nel 96 d.C., fece ritorno alla città natale, dove poté lavorare sotto la protezione di una ricca vedova. Compose in tutto 15 libri di epigrammi, tra i quali spicca quello Degli spettacoli (giuntoci mutilo), pubblicato nell'80 in occasione della fastosa inaugurazione del Colosseo fatta da Tito, al quale il libro è dedicato. Coltivò esclusivamente questo genere letterario - che ben rispondeva allo spirito del secolo, amante delle costruzioni intelligenti e sentenziose - e ne divenne maestro: ispirandosi direttamente alla vita di Roma, seppe osservarla con acuta finezza e un concreto senso del reale, abbinando a un'aggressiva mordacità il gusto per il motto ingegnoso.


A UN VANESIO

Bell'uomo e grande personaggio
tu ad un tempo vuoi apparire, o Cotta;
ma chi è un bell'uomo, o Cotta,
è anche un essere piccino.

LO SPASIMANTE DI MARONILLA

Gemello vuol sposare Maronilla,
la brama e la corteggia assiduamente,
la prega e le fa doni.

«Ma è veramente così bella?»
«Macché! non v'è nulla di più brutto.»
«Cos'ha dunque che piace e attira tanto?»
«Essa tossisce per tubercolosi.»

A UN CAVALIERE BEONE

Poiché dieci buoni per il vino
furon dati a ciascun dei cavalieri,
come mai tu, Sestiliano,
ne bevi venti e da solo?

L'acqua calda ai nostri acquaioli
sarebbe già mancata,
se tu, Sestiliano,
non bevessi soltanto vino puro.

UNA DONNA EROICA

La casta Arria, consegnando al suo Peto
la spada estratta con le proprie mani
dalle viscere sue,
«Se merito fede,» disse,
«la ferita che ho fatto non duole,
ma quel che farai tu, Peto,
questo sì che mi duole».

A UN DIVORATORE DI FUNGHI

Dimmi, che follia è cotesta?

Mentre la folla dei tuoi convitati
ti guarda a dente asciutto,
tu, da solo, Ceciliano,
divori i porcini.

Quale augurio rivolgerti, degno
d'una gola e d'un ventre così grandi?

Che tu possa mangiare un boleto,
come quello che Claudio mangiò.

GLI INVITI A CENA DI COTTA

Tu, Cotta, non inviti a cena
se non un compagno
di bagno. A te soltanto le terme
procurano un commensale.

Mi meravigliavo, o Cotta,
perché non m'invitassi mai:
ora so bene che nudo
a te non sono piaciuto.

A UN INVERTITO DAL SEVERO ASPETTO

Tu vedi, o Deciano, quell'uomo
dai capelli arruffati
e del quale temi tu stesso
il sopracciglio severo
e che sempre nomina i Curii
e i difensori Camilli?

L'aspetto austero di lui non t'inganni:
ieri fu donna.

A UN BEONE

Chi crede che Acerra puzzi
del vino ieri bevuto,
s'inganna:

Acerra continua a bere
sino alle luci dell'alba.

A UN PLAGIARIO

Sento dire di te, Fidentino,
che recitando vai i versi miei,
spacciandoli per tuoi,
dinanzi a un uditorio numeroso.

Se permetti che siano detti miei,
gratis
io ti manderò gli epigrammi;
se brami invece che siano detti tuoi,
comprali:
così miei non lo saranno più.

NULLA DI NUOVO PER DIAULO

Fu già chirurgo Diaulo,
ora è becchino.

Nel modo che gli era possibile
cominciò ad essere medico.

ANTIPATIA PER SABIDIO

Bene io non ti voglio, o Sabidio,
né ti so dir perché:
posso soltanto dire
ch'io non ti voglio bene.

LACRIME A COMANDO

Quando Gellia sta sola soletta,
non piange per il padre che ha perduto,
ma se qualcuno s'avvicina a lei,
scorre giù a comando
un pianto senza fine.

Chiunque cerca di essere lodato,
non piange, o Gellia;
sente il dolor veramente
chi piange in segreto.

A BASSO COSTA CARO...

Tu scarichi il superfluo del tuo ventre
in un infelice vaso d'oro,
né, Basso, tu te ne vergogni.

Tu bevi in un bicchiere, che è di vetro,
cachi dunque a prezzo più costoso.

A UN LETTORE SCHIZZINOSO E INVIDIOSO

Tu che fai delle smorfie, o velenoso,
e volentieri non leggi questi versi,
possa di tutti essere invidioso,
nessuno mai di te.

A UN BUFFONE INSIPIDO

O Cecilio,
a te sembra di esser spiritoso.

Credimi, non lo sei.
«Che sarei dunque?»

Un becero, qual è
un trasteverino venditore
che baratta i gialli zolfanelli
con oggetti di vetro già incrinati
o che vende a degli sfaccendati
ceci stracotti,
o un fachiro domator di vipere,
o quali sono dei nostri salumieri
i garzoni pagati a basso prezzo,
o quel cuoco che con voce rauca
ti serve in strada su calde casseruole
salsicce di maiale ancor fumanti,
o un misero poetastro di città,
o un maestro di ballo gaditano
proprio impudente,
o la bocca ciarliera e impertinente
d'un vecchio bagascione.

Per cui, Cecilio, cessa di vederti
quel che a te solo appari,
cioè di poter vincere con frizzi

Gabba, il buffone,
e lo stesso Tettio Caballo.

Irridere non è concesso a tutti:
chi scherza con stolida impudenza
non è un Tettio, ma un grosso bestione.

UN OSPITE AVARO

Fummo in sessanta ad essere invitati
ieri da te, Mancino,
e nulla ci fu a tavola imbandito,
tranne un cinghiale:
non le uve che vengono lasciate
sulle viti tardive
o le mele cotogne, che gareggiano
coi dolci favi,
non le pere che pendono legate
con lunghi filamenti di ginestra
oppur le melegrane di Fenicia
dal colore simile alle rose
di breve vita,
né la rustica Sarsina mandò
coni di cacio di latte ancor stillanti,
né venne dagli orci del Piceno
la verde oliva,
ma un nudo cinghiale
e questo addirittura piccolino,
quale può essere abbattuto
da un nanetto con le mani inermi.

Nulla, dopo di questo, fu servito.

Tutti stemmo a guardar senza mangiare:
anche l'arena suole in questo modo
esporre un cinghiale
alla vista degli spettatori.

Non ti venga un cinghiale più servito,
dopo cotesta tua gloriosa impresa,
ma che tu venga esposto ad un cinghiale
simile in tutto a quello
che uccise il bandito Caridemo.

L'IDEALE DI VITA DEL POETA

Se vuoi conoscere in breve del tuo Marco
gl'intimi desideri, o mio Frontone,
decoro illustre dei nostri cittadini
in pace e in guerra,
ecco ciò che desidera, di essere
coltivatore di un proprio campicello,
egli che ama, tra modesti beni,
la vita agreste semplice e serena.

Forse qualcuno ti frequenterebbe
il freddo degli atrii rivestiti
di variopinto marmo di Laconia
e, come un vero sciocco,
recherebbe il saluto mattutino,
se, contento dei frutti del suo bosco
e del campo, potesse rovesciare
le reti piene dinanzi al focolare
e pescar con la lenza tremolante
un pesce saltellante
e fare giù colar da un orcio rosso
il miel dorato?

Se inoltre una grassa contadina
gli colmasse la mensa zoppicante
e un ceppo non comprato
ne cuocesse le uova nella cenere?

Auguro a chi non mi vuol bene
di non amar questa vita
e di viver, tra le faccende urbane,
pallido come un panno del bucato.

A UN OSTE

L'uva è rigonfia d'acqua, flagellata
da continui acquazzoni;
oste, ammesso che tu ne avessi voglia,
non puoi vender quest'anno il vino puro.

LA DONNA CHE PREFERISCO

Tu mi domandi, o Flacco,
quale tipo di donna
vorrei per me e quale non vorrei?

Non troppo compiacente la vorrei
e non troppo scontrosa.

Le qualità intermedie preferisco:
che non mi stia lì a tormentare
e non mi sazi subito di sé.

L'ASSEGNO DATO A BAIA

Assomma a cento quadranti
la sportula datami a Baia.

Che senso ha quest'assegno di fame
fra tante lussuose delizie?

Rendimi, o Flacco, i bagni tenebrosi
di Lupo e di Grillo:
che giova fare un bel bagno
e poi mangiare a stecchetto?

TRIBUTO DI FAMA DI POETI ALLA TERRA NATIA

Ama Verona i carmi
del suo dotto poeta,

Mantova è felice per Virgilio;
la terra di Abano è apprezzata
per il suo Livio
e non meno per Stella ed il suo Flacco.

Plaude ad Apollodoro il Nilo acquoso,
hanno fama i Peligni per Ovidio,
parla sovente Cordova faconda
dei due Seneca e dell'unico Lucano.

Cadice, che è dei giuochi amante,
gode della fama del suo Canio,
come Emerita per il mio Deciano:
la nostra Bilbili
di te si glorierà, Liciniano,
né tacerà di me.

LA METAMORFOSI DI LEVINA

La casta Levina, non da meno
delle antiche sabine,
sebbene più rigida essa stessa
del severo marito,
mentre nel bagno si rilassa,
ora nelle acque del Lucrino,
ora d'Averno,
e mentre spesso prende un bagno caldo
nelle terme di Baia,
ecco che cade in amoroso fuoco:
pianta il marito e segue un giovanotto:
come Penelope a Baia era venuta,
come novella Elena partì.

VIGILE PRECAUZIONE

Tu mi vai pregando
che ti reciti gli epigrammi miei.

Non voglio.

Tu, Celere, brami non di udire,
ma recitare i brutti versi tuoi.

******************

( Opere di Marco Valerio Marziale tratte da Internet. Lette su:
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MessaggioInviato: Ven Set 14, 2007 3:34 pm    Oggetto:  Marco Valerio Marziale - Epigrammi - Libro Primo
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Marco Valerio Marziale - Epigrammi - Libro Primo

CHI SI LODA, SI SBRODA

Sei bella, Fabulla, lo sappiamo,
e giovane, e questo è pure vero,
e ricca: chi potrebbe mai negarlo?

Ma quando tu ti lodi di soverchio,
né ricca sei, né giovane, né bella.

UN GIUDIZIO TROPPO PERSONALE

«Sei un uomo troppo libero»
- sempre tu mi ripeti -.

Cerilo, per te è troppo libero,
chi parla contro te.

CIECO D'AMORE

A qualunque faccenda
Rufo attenda,
non c'è per Rufo che soltanto Nevia.

Se gode o piange oppur se ne sta zitto,
parla o pensa di lei.

Pranza o propone un brindisi,
chiede o dice di no o un cenno fa,
sempre Nevia è presente al suo pensiero.

Se non c'è lei, muto se ne sta.

Scriveva ieri una lettera a suo padre
e cominciava: «Nevia, luce mia,
ave, Nevia, pupilla dei miei occhi.»

Nevia legge quest'inizio e ride,
tenendo il viso basso.

Nevia non è mica unica al mondo.

Perché folleggi, dunque, o uomo sciocco?

BRINDISI PER LE DONNE AMATE

Cinque bicchieri si bevano per Levia,
otto per Giustina,
quattro per Lica, e quattro anche per Lide
e per Ida tre.

Tanti bicchieri siano per ciascuna,
quante sono le lettere del nome,
e poiché nessuna d'esse viene,
o Sonno, vieni almeno tu da me.

UN MARITO INGEGNOSO

Non vi fu alcuno in tutta la città
che volesse toccare la tua moglie,
persino gratis, o Ceciliano,
mentre questo era lecito.

Ma ora che le hai posto dei custodi,
una turba di ganzi fa la fila:
sei certo un ingegnoso ruffiano.

UN PRESTITO PER LINO

Chi preferisce di donare a Lino
sol la metà, piuttosto che prestargli
l'intera somma, certo preferisce
di perder la metà.

UN UOMO SEMPRE AFFACCENDATO

Tu, Attalo, sempre cause fai
e sempre sbrighi affari;
abbia o non abbia tu da far qualcosa,
sempre, Attalo, sei in giro affaccendato.

Se le cause ti mancano e gli affari,
ecco ti metti a fare il mulattiere.

Perché qualcosa da fare non ti manchi,
Attalo, preparati la morte.

LA MORTALE AVIDITÀ DI CANO

Da te, Cano, nell'ultima tua notte,
fu richiesta la sportula.

Credo, o Cano, che questa t'abbia ucciso,
ché fu la sola avuta in tutto il giorno.

IL CANDORE DI SOSIBIANO

Tu sai, Sosibiano,
di esser generato da uno schiavo
e candidamente lo confessi,
quando dici a tuo padre: «Mio signore.»

QUELLO CHE PAOLA NON PUÒ NEGARE

Era il tuo amante, potevi tuttavia
questo, tu, Paola, negare.

Ma ora è tuo marito.

Forse che ora questo puoi smentire?

IL CAGNOLINO DI MANNEIA

Manneia, il tuo canino
ti lecca bocca e labbra:
or più non mi stupisco,
se piace al cane di mangiar la merda.

UN VICINO CHE NON SI VEDE MAI

Novio è mio vicino e con la mano
potrebbe essere toccato
da finestra a finestra.

Chi non potrà mostrarsi invidioso
e pensare che io in tutte l'ore
possa godere della compagnia
di un amico a me così vicino?

Egli però da me tanto è lontano
quanto Terenziano,
che amministra la niliaca Siene.

Non convivere, né almen vederlo,
né ascoltarlo m'è dato,
né v'è alcuno in tutta la città
che sia ad un tempo a me tanto vicino
e pur tanto lontano.

O io o lui dobbiamo traslocare
molto lontano.

Se qualcuno non vuol vedere Novio,
sia a Novio vicino
o coinquilino.

UN RIMEDIO PEGGIORE DEL MALE

Fescennia, tu per non puzzare
del vino che hai bevuto il giorno innanzi,
da raffinata divori pastiglioni
preparati dal profumiere Cosmo.

Questo spuntino che tu fai digiuna
i denti t'impastriccia e a nulla giova,
quando il rutto risale dal profondo.

Che dico? Anzi il fetore che tu emani,
misto agli aromi delle tue pastiglie
si spande più sgradevole e lontano,
come un duplice puzzo del respiro.

Insomma, smetti i troppo noti trucchi
e i discoperti inganni:
sii semplicemente ubriacona.

TRIBUTO DI AFFETTO PER ALCIMO

O Alcimo, rapito al tuo padrone
nei teneri anni dell'infanzia,
tu che sei nella terra labicana
coperto da una lieve zolla erbosa,
non blocchi vacillanti
di marmo Pario accetta,
che una vana fatica
offre al defunto, dono perituro,
ma dei fragili bossi ed ombre opache
di pampini
e prati verdeggianti e rugiadosi
delle lacrime mie.

Questo, caro fanciullo, ora gradisci,
segno e tributo del dolore mio:
questo onore per te durerà sempre.

Quando Lachesi i miei ultimi anni
avrà finito di filar col fuso,
raccomando che non diversamente
le mie ceneri abbiano riposo.

IL TIPO DEL PETTEGOLO

Sempre, Cinna,
all'orecchio di tutti tu sussurri,
anche le notizie
che è lecito dire ad alta voce
dinanzi ad una folla di uditori.

Ridi accosto all'orecchio e ti lamenti,
accusi e piangi e canti nell'orecchio,
giudizi esprimi, taci e gridi
e perciò questo vizio radicato
è in te profondamente
al punto che spesso nell'orecchio
tu, Cinna,
le lodi di Cesare bisbigli.

UN POETASTRO MALEVOLO

Tu, Lelio, non pubblichi i tuoi versi
e critichi i miei:
ora, o smetti di criticare i miei
o pubblica i tuoi versi.

IL CANTO DI EGLE

Egle tu male hai cantato
finché sei stata fottuta.

Ma ora che canti bene,
non sei più da baciare.

IL SILENZIO COSTOSO DI ELIO

O Elio, nei tribunali
non senza un guadagno
tu sempre schiamazzi
e dài sulla voce agli avvocati:
gratis non lo fai,
ti pagano, infine,
per farti tacere.

UN AVVOCATO TACITO

Allora soltanto tu, Nevolo, parli,
quando tutti schiamazzano
e ti credi avvocato e patrono.

Nessuno in cotesto modo
esser non può facondo.

Ecco! Tacciono tutti:
Nevolo, di' qualche cosa.

LA GOTTA DI DIODORO

Diodoro, sofferente di gotta,
è sempre in mezzo alle liti,
o Flacco,
ma l'avvocato non paga:
questa è gotta alle mani.

UN PRODIGO CHE DIVENTA AVARO

Tu, Caleno, sino a poco fa
non possedevi due milioni tondi,
ma tanto prodigo eri e generoso
e magnifico che gli amici tutti
te ne auguravano dieci milioni.

Un dio ha esaudito i nostri voti
e le nostre preghiere
e, come credo, entro sette mesi,
le belle eredità di quattro morti
ti hanno fatto raggiunger questa somma.

Ma tu così, come uno
che non avesse avuto eredità,
ma un furto di dieci milioni,
ti sei ridotto, infelice, in tanta fame
che i conviti tuoi più sontuosi,
che solo una volta offri in tutto l'anno,
te li sbrighi con la spilorceria
d'una moneta nera, e noi, che siamo
i tuoi vecchi sette amici, ti costiamo
mezza libbra di piombo appena appena.

Che augurarti per cotesti meriti?

Ti auguriamo, o Caleno,
di raggiungere i cento milioni:
solo così tu creperai di fame.

UNA VECCHIA CHE PARLA DA BAMBINA

Afra quando parlotta
suole dire mammina e paparino,
ma si può dir che lei sia la nonnina
di tutte le mammine e i paparini.

UN BRUTTO QUADRO DI VENERE

Il pittor che la tua Venere ha dipinto
penso, Licoride, che abbia voluto
fare a Minerva cosa assai gradita.

DORMICI SU

Tu di volta in volta, Rufo,
alterni l'acqua al vino
e, se un amico ti costringe a berlo,
bevi appena appena
un'oncia di Falerno misto ad acqua.

Forse che Nevia ti ha fatto la promessa
d'una notte d'amore e preferisci
le sobrie leggerezze per goderti
una sequela d'amorosi amplessi?

Tu sospiri, taci e ti lamenti:
essa ti ha risposto con un no.

Conviene dunque che una dietro l'altra
tu trinchi delle coppe e nel vin puro
soffocare il tuo dolore duro.

Perché, Rufo, vuoi mantenerti sobrio?
Conviene invece che ci dorma su.

UN'ARGUTA RISPOSTA A VELOCE

Veloce, tu lamenti
ch'io componga degli epigrammi lunghi.

Li scrivi più brevi certamente
tu che non scrivi niente.

ALL'INVIDIOSO PROCILLO

Di me ha viva brama una fanciulla
- tu, Procillo, crepane pur d'invidia! -
più candida del cigno risplendente,
dopo che s'è lavato,
dell'argento, del giglio e del ligustro
e della stessa neve,
ma io ne bramo un'altra
che è assai più scura della notte,
della formica, del gracchio e della pece
e pur della cicala.

Tu meditavi sino a poco fa
di troncar crudelmente la tua vita
appeso ad una trave:
ma, Procillo, se ti conosco bene,
tu per invidiare ancor vivrai.

EPIGRAFE PER UN CAMPO

Questo boschetto e questi ameni campi
ben coltivati ha Fenio consacrati
ad onorar le ceneri dei suoi
perpetuamente.

Qui è racchiusa nel sepolcro Antulla,
ai suoi rapita prematuramente,
qui, ad Antulla accanto, giaceranno
entrambi i genitori.

Se alcuno brama questo campicello,
non lo speri - io di ciò l'avverto -,
esso ai padroni servirà in eterno.

MI VUOI LEGGERE? COMPRA I MIEI LIBRI

Ogni volta, Luperco, che m'incontri,
subito dici: «Vuoi ch'io mandi a casa
il mio schiavo al quale consegnare
il libro dei tuoi versi?

Te lo restituirò appena letto.»

Non c'è bisogno, o Luperco,
che stia ad importunare un tuo schiavetto,
sarebbe un cammino troppo lungo,
se volesse venire in via del Pero,
e si sale e si scende in casa mia
con tre rampe di scale, mica brevi.

Ti sarà facile avere quel che chiedi
in luogo più vicino.

Tu, naturalmente,
di solito ti rechi all'Argileto:
al foro di Cesare di fronte
vi è una libreria, di cui l'ingresso
a destra ed a sinistra è ricoperto
da cartelloni di pubblicità.

Qui, senza perder tempo,
puoi leggere dalla cima a fondo
il nome dei poeti che tu vuoi.

Chiedi il mio libro lì.

Non hai bisogno di chiederlo ad Atretto
- cotesto è il vero nome del libraio -
egli comprenderà dal solo accenno
e dal primo o secondo suo scaffale
ti darà un Marziale
dalla costa con pomice forbita
e copertina colorata in rosso
per sol cinque denari.

Dirai «Ma vali proprio tanto?»

Luperco, nella tua perplessità
tu riveli un ingegno molto fine.

UN VERO PADRE DI FAMIGLIA

Non pensa Quirinale,
pur desideroso di aver figli,
di dovere prender moglie.

Ha trovato
come realizzare questo scopo:
stupra le sue ancelle
e riempie i campi e la dimora
di cavalieri nati schiavi in casa.

Quirinale è un vero padre di famiglia!

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